Jessica Edwards presenta Mavis!

Jessica Edwards presenta Mavis!

Mavis!, il primo documentario sulla leggenda del gospel soul e icona dei diritti civili Mavis Staples, verrà proiettato sabato 8 ottobre alle ore 14 presso il cinema PortoAstra.

Dai canti di libertà degli anni ’60 e i successi degli anni ’70 alle collaborazioni funk con Prince e i recenti album con Jeff Tweedy dei Wilco, Mavis è rimasta fedele alle sue radici, ha tenuto la famiglia unita e ispirato milioni di persone lungo la strada.

In previsione della proiezione del film nella sezione Music Around the World, proponiamo l’intervista effettuata da Scene Creek (l’intervista integrale è disponibile qui) con la regista, Jessica Edwards.

È vero che sei andata su Netflix per cercare un documentario su Mavis e, non trovandone nessuno, hai deciso di farne uno tu?
Certo, non c’era! Volevo sapere quanto più possibile su di lei. E il mondo più naturale per farlo, per me, in quanto documentarista, è guardare film! Questo accadde in realtà ancor prima che uscisse la sua biografia. C’era ovviamente un sacco di materiale, Mavis parla con la stampa da sessant’anni, quindi c’erano un sacco di interviste e cose varie, ma niente di esaustivo, niente di contemporaneo, niente che riguardasse la rinascita della sua carriera e la sua vita recente. Penso che sia importante fare un tipo di film che sei interessata a vedere e che ti piace vedere: è così che è nato Mavis!.

Quali regole hai seguito?
Volevo raccontare la storia di Mavis, ma volevo che fosse Mavis stessa a farlo. Abbiamo cercato di rimanere nel presente. Ci abbiamo provato… chiaramente il film sarebbe passato per il racconto della sua storia, ma non volevamo dargli il tono da film storico. Era molto importante per me. Volevo che tutto si ricollegasse alla Mavis di adesso. Che desse le stesse vibrazioni che dà il vedere o sentire cantare Mavis per la prima volta, o che facesse provare le stesse emozioni che io stessa provai ascoltando per la prima volta i suoi successi, o quelli della Stax Records.

Qual è stata l’intervista più difficile da trovare?
È stata un’impresa trovare Bob Dylan, così come il filmato di Prince che alla fine abbiamo utilizzato. Le mie prime telefonate sono state proprio queste due. Con Prince è stato difficile perché le persone con cui dovevi interfacciarti per controllarlo cambiavano spesso. E poi abbiamo trovato tutti questi meravigliosi filmati dei due insieme… Lo stesso è successo con Dylan. Chiamavo il suo manager ogni venerdì pomeriggio, e lui non mi ha mai detto di no, ma sai, c’è voluto tempo. Il lavoro d’archivio è stato divertente proprio perché somiglia a una vera caccia al tesoro.

Quanto tieni al punto esclamativo del titolo?
Ah, il punto esclamativo! È qualcosa a cui ho pensato molto presto, davvero presto. Io non sono una grande fan dei sottotitoli: il punto esclamativo fa tutto al posto loro. Ovviamente capisco perché i film vogliano usarli, soprattutto i documentari, ma non sono una grande fan di titoli dove si dice una cosa e sottotitoli lunghi come un paragrafo per spiegare il titolo stesso. Mi piace l’idea che un film si spieghi da solo. E, nel nostro caso, Mavis è un grande punto esclamativo!



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