Susanne Regina Meures presenta Raving Iran

Susanne Regina Meures presenta Raving Iran

Nel 2005 l’Iran ha messo al bando la musica occidentale. Le stazioni radio che trasmettevano musica erano divenute improvvisamente fuorilegge, il mercato dei CD era diventato pericoloso e, per protesta, il direttore dell’orchestra sinfonica aveva scelto di lasciare il Paese. Questo il contesto all’interno del quale sono cresciuti Anoosh e Arash, i protagonisti di Raving Iran.

Nonostante tutte le restrizioni, Anoosh e Arash si sono innamorati della musica dance. Quindi, hanno cominciato a produrla, con il nome Blade&Beard. Attraverso rave e registrazioni illegali hanno condiviso il loro lavoro con altri giovani. Quando Anoosh è stato arrestato per aver cercato di vendere la propria musica, sembrava che per i due fosse giunta l’ora di abbandonare la propria passione.

È proprio in quel momento che è arrivato l’invito a suonare alla Street Parade, il più grande evento techno in Europa. Una volta giunti a Zurigo, Anoosh e Arash hanno capito che le loro vite erano al bivio: da una parte la famiglia, gli amici, il passato, dall’altra un nuovo futuro, fatto di musica e solitudine.

In un’intervista a Vice (disponibile qui in versione integrale), Susanne Regina Meures ha raccontato in questo modo tutto ciò che sta dietro al suo Raving Iran:

Come hanno fatto Anoosh e Arash a scoprire la techno? Non dovrebbe essere stata bandita dal paese fin da quando i due erano bambini?
Hanno entrambi passato i vent’anni, e internet è sempre stata parte della loro vita. Hanno scoperto la musica elettronica attraverso piattaforme come YouTube e Soundcloud. Gran parte dei siti che riguardano la politica, la società e l’arte occidentale sono banditi in Iran, ma la gente bypassa queste restrizioni usando la VPN. Il download illegale è diffusissimo. Solo che lì, quello che ti aspetta se vieni scoperto è molto più di una semplice multa.

Cosa accade alla gente scoperta a fare o ascoltare questa musica?
Dipende. Può succedere di tutto. Magari il poliziotto che bussa alla tua porta mentre stai facendo una festa si accontenta di una bakshish (mancia, bustarella). Ma la probabilità di venire portato alla stazione di polizia, in prigione e poi in tribunale è ugualmente alta. Non tanto tempo fa, la polizia iraniana ha fatto irruzione in una festa tenuta da studenti. Ognuno di loro è stato punito con 99 frustate.

Una punizione che può essere mortale. Perché rischiare così tanto per far festa?
Il ceto medio iraniano, specialmente nelle grandi città, è molto occidentalizzato. La gente guarda la tv satellitare e usa i social media esattamente come noi. I giovani non vedono il motivo per cui non dovrebbero avere gli stessi diritti del resto del mondo occidentale. Tutto ciò che desiderano è la libertà, una vita “normale”.

I ragazzi hanno un seguito locale come Blade&Beard, ma come ha fatto la Street Parade a scovarli?
Hanno fatto domanda a molti festival in giro per il mondo, e la Street Parade era uno di quelli. Hanno mandato il loro album prodotto illegalmente e alcuni mesi dopo hanno ricevuto l’invito del festival.

Dopo aver passato così tanto tempo con loro in questo mondo hai maturato l’idea che la techno offra un tipo di espressione, una libertà maggiore rispetto ad altri generi?
Credo di sì. In un certo senso, la sensazione di libertà e trance durante i rave dura di più. Se vai a sentire un gruppo rock magari ti scateni per un’ora, più o meno. Ma se vai a un rave, balli per una notte intera, fino a quando non sorge il sole. L’evasione offerta dalla techno dura per molto più tempo.

Come hai trovato i ragazzi?
Avevo deciso di fare un film sull’Iran “underground”, così sono andata su Facebook per cercare ragazzi che facessero parte di questa realtà. Poi sono volata a Teheran e ho iniziato a cercare. Dopo aver incontrato vari dj e musicisti, ho avuto la fortuna di entrare in contatto con Anoosh e Arash. Loro sono davvero il centro della scena techno iraniana e, a differenza degli altri, non vedevano l’ora di raccontare la loro storia.

Da dove nasce il tuo interesse per la techno iraniana?
Dopo aver letto un trafiletto in una rivista inglese su feste techno nel deserto iraniano non riuscivo a togliermi dalla testa l’immagine di ragazzi in delirio nel deserto che fanno festa sotto l’occhio corrotto di uno dei sistemi politici più oppressivi al mondo. Ero affascinata dalla forza di volontà di questi ragazzi. Se ne stavano lì fuori ad organizzare feste nonostante l’immenso rischio. Tuttavia, non volevo fare semplicemente un film su queste feste, volevo scoprire cosa voleva dire davvero crescere con restrizioni onnipresenti.

Su una cosa mi sembra il caso di tornare. Non è questione di turismo culturale, o semplicemente di una diversa cultura del divertimento: queste feste sono affermazioni sull’oppressione.
Anoosh e Arash rappresentano davvero un grande gruppo di giovani che, in vari modi, sono bloccati. Sono divisi tra Est e Ovest, sono istruiti ma non riescono a trovare un lavoro economicamente soddisfacente, non possono viaggiare e conoscere il mondo e non possono nemmeno essere riconosciuti ufficialmente con la loro musica. Non era mia intenzione fare un film politico, ma dare voce a questi giovani vuol dire dar loro potere. E questo, in fin dei conti è un atto politico.

Dove sono Anoosh e Arash oggi?
Negli ultimi due anni sono stati in un campo profughi in Svizzera, tra le montagne, circondati da pecore e mucche. Recentemente hanno ottenuto una risposta dal governo… una risposta positiva! Se tutto va bene, potranno rimanere in Europa, continuare con la loro musica e provare la libertà che hanno sempre desiderato.



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